– 1 –Da qualche
parte qualcuno ha scritto che il mondo non può che essere amato fino
alla feccia e senza speranzai.
Il terrore che un amore del genere c’incute è difficilmente
descrivibile. Siamo progettati, così pare, in modo che il nostro
amore si riversi con facilità su ciò che provoca piacere, meglio
ancora se lo provoca a noi e
dà una speranza alla nostra vita. In prima battuta è il
senso ciò che più amiamo
negli oggetti d’amore. Un amore, invece, che sia speso per un mondo
di scorie e, peggio, che non c’illumini neppure flebilmente della
piccola e immensa speranza a cui esso s’abbevera, ecco, un amore
così ci appare in tutto e per tutto sotto forma di perversione:
una specie di masochismo, un godere insano del proprio dolore e del
proprio tormento. Questo amore malato
ci spaventa. Ha dunque tutte le qualità per essere escluso,
scacciato e presto dimenticato. Tuttavia le cose non funzionano in
maniera così lineare: se quel tipo d’amore, che sembra votato
all’autodistruzione o perlomeno a uno spreco di sé, ci terrorizza
a tal punto, non è perché lo avvertiamo come radicalmente disumano,
agli antipodi del Bene e della Giustizia, cioè dell’Umanità –
niente affatto; bensì perché esso si presenta a noi precisamente in
maniera amabile e desiderabile. È questo che ci disturba in
profondità: è il fatto cioè che la perversione,
esclusa in anticipo per buona creanza dal computo delle cose buone e
utili, al contrario ci attrae.
– 2 –Dunque
ci troviamo alle prese con questo mondo di schifo.
Uno schifo, però, che nel mentre del ribrezzo che si riverbera sulla
nostra pelle e nell’incavo della nostre narici, ci rimanda lungo la
curva dorsale una scossa d’euforia, di brama, di languida
selvatichezza. Qualcuno ha chiamato questo fremito
l’«abisso dionisiaco»ii.
Amare un mondo di feccia e amarlo senza speranza... non è certo
l’amore limpido del puro sentimento, né tanto meno l’amore
razionale di una verità che si dispone per essere penetrata. È anzi
un amore non corrisposto, radicalmente e logicamente immotivato –
per lo più incondivisibile. Eppure cos’è che nell’amore puro e
sentimentale, o anche nell’illuminato amor dei
intellectus, ci attrae dal
profondo? È sempre questo: la violenza, è essa a sobillare i nostri
sensi, ad aizzare l’eccitazione profonda. Cosa c’è di più
esaltante che sfregiare la purezza del sentimento, che incidere
l’incontaminato, che imbrattare il candore di un foglio bianco!
L’amore romantico c’infiacchisce con la sua mellifluità, ma in
pari tempo ci agita a un livello assai più intimo e oscuro,
insinuandoci il proposito di violentare e di stracciare una veste
tanto candida da essere trasparente. D’altra parte, anche
nell’amore del razionale agisce una medesima pulsione distruttrice,
poiché non c’è maggior piacere che sfasciare un castello di carte
alto e architettato alla perfezione. Quanto più il nostro oggetto
d’amore è limpido e perfezionato, quanto più esso è costato
periodi di ascesi, di autolimitazione, di fatiche, tanto più
appaiono desiderabili il suo annientamento e la sua catastrofica
rovina. Il suo sacrificio.
Nell’amore ciò che amiamo è la possibilità del sacrificio.
– 3 –Insomma,
perché mai Dio Padre prima condannò a morte i suoi figli, Adamo e
Eva, poi annegò la loro prole sotto il diluvio, infine fece
inchiodare ai legni incrociati il Figlio, una parte di sé, la più
preziosa? Certo, per amore – e non vi è ironia in queste parole:
davvero, per amore. Ma solo perché nell’amore egli amò la
possibilità del sacrificio, di distruggere ciò su cui aveva
investito se stesso in quanto dio. Questo Amore è
Dio. Questo amore nella catastrofe, nella consumazione di quanto ci è
più caro, ci avvicina agli dèi, ed è anche ciò che, segretamente,
muove le nostre vite avvizzite. Siamo tutti come Adamo e Eva: alla
fine, dopo averlo eretto, devastiamo il nostro paradiso e ce lo
giochiamo per un frutto, anche se un giorno, da vecchi, ci
racconteremo di aver agito in vista della salvezza.
– 4 –E
anch’io, qui, ammiro questo foglio bianco, candido e vergine, quasi
come un figlio appena nato, ma l’unico godimento che verrà da un
tale paradiso in terra sarà suscitato dallo sfregio che la mia
scrittura già significa. L’amore, se c’è, si dà solo per i
giochi proibiti.
Novara,
estate 2010
Tommaso
Scappini
- iGeorges Bataille, L’esperienza interiore.
- iiFriedrich Nietzsche, La visione del mondo dionisiaca.